L'origine della città nel Mediterraneo: la missione archeologica a Mozia in Sicilia Occidentale
Sono finanziate come Grandi Scavi Archeologici le ricerche sul campo, in Italia e all'estero, che abbiano già usufruito
di finanziamenti della Sapienza per un congruo numero di anni, che abbiano raggiunto risultati di grande rilievo
internazionale e che si basino sulla Sapienza quale istituzione scientifica sede della ricerca.
La ricerca archeologica a Mozia ha sempre rappresentato uno dei punti di forza dell'archeologia della Sapienza, da quando
Antonia Ciasca condusse con successo pari a rigore nella documentazione lo scavo del Santuario del Tofet e delle mura
della città negli anni '60 e '70 del secolo scorso. A Mozia la Sapienza dispone di una casa della missione, magazzini e
laboratori che offrono opportunità uniche di indagine scientifica, come di seguito illustrato.
L'archeologia del Mediterraneo intesa come disciplina che tende a metta in risalto e indaghi la rete di relazioni,
scambi, prestiti e diversità tra le culture fiorite in epoca protostorica e storica nel bacino del Mediterraneo trova in
Mozia un centro di prima grandezza. L'isola siciliana per posizione, straordinario stato di conservazione e ambiente
naturale, costituisce un giacimento archeologico preminente. Dal 2002 sono state condotte dalla missione campagne
regolari di scavo ogni anno in estate (agosto-ottobre), e campagne di studio e restauro in primavera (aprile-maggio). Dal
2005 è stato avviato il presente progetto i cui risultati immediati, di grande rilevanza nazionale ed internazionale,
sono stati illustrati nel 5° Congresso di Archeologia Fenicio Punica tenutosi a Lisbona nel settembre 2005, nel recente
convegno sull'urbanistica fenicia e punica organizzato dall'Istituto Archeologico Germanico (febbraio 2007) e in numerose
altre occasioni, e sono consistiti principalmente nella scoperta del Tempio del Kothon all'interno di un vaso Temenos
circolare, della Casa del sacello domestico, della Fortezza Occidentale presso la Porta Ovest, e dei più antichi livelli
di occupazione fenici nell'isola (v. Archeo, Aprile 2006), fino al Sacello di Astarte, un santuario che ha anche
restituito importanti reperti (v. Archeo Aprile 2008).
La centralità culturale di Mozia nel Mediterraneo antico ha permesso di articolare la ricerca in diversi filoni
d'indagine, ciascuno dei quali sta consentendo di portare contributi innovativi allo studio della cultura fenicio-punica
e, più in generale, all'interpretazione delle complesse relazioni intercorrenti tra le diverse componenti culturali
mediterranee nel I millennio a.C. Mozia si trova infatti all'interfaccia tra il mondo fenicio e quello cartaginese, tra
quello orientale delle culture semitiche preclassiche e quello magno-greco della Sicilia, con uno sviluppo cronologico
che coglie appieno le epoche cruciali nella storia del Mediterraneo tra X e II secolo a.C.
La Missione negli anni 2002-2008 ha attuato una strategia indirizzata all'indagine di tre fondamentali temi scientifici:-
la prima occupazione dell'isola da parte dei Fenici; - lo studio della topografia urbana, con particolare riferimento
alle fortificazioni, all'acropoli e all'abitato; - lo studio della struttura architettonica, funzione e cronologia del
bacino artificiale detto "Kothon" e del tempio ad esso collegato. I tre ambiti della rinnovata ricerca archeologica
moziese rivestono una notevole importanza non solo nel campo dell'archeologia fenicio-punica, ma anche, in un orizzonte
più allargato, per nello studio complessivo dello sviluppo e delle trasformazioni del Mediterraneo antico.
L'identificazione archeologica delle fasi stratigrafiche del primo stanziamento fenicio a Mozia, il riconoscimento delle
modalità di tale stanziamento (ricavabile dall'analisi comparata delle strutture e dei materiali del primo insediamento,
della necropoli arcaica e dei più antichi strati del Tofet - la cui esplorazione è ripresa nella primavera del 2009),
sono di capitale importanza per la comprensione della cronologia e dei modi della espansione fenicia in Sicilia
occidentale tra IX e VII secolo a.C.
In questo ambito di ricerca è stata ora inserita l'innovativa collaborazione con il Dipartimento di Medicina
Sperimentale, al fine di procedere ad una sistematica raccolta di dati circa il DNA dei primi abitanti di Mozia, da
confrontarsi con le banche dati relative da un lato al Levante, dall'altro all'Africa settentrionale e alla Sicilia
Occidentale. Questo permetterà di aggiungere dati fondamentali nella ricostruzione del panorama del popolamento
dell'isola, individuando le componenti che furono artefici della sua prima colonizzazione.
Mozia è uno dei pochi centri fenici rimasto pressoché interamente sgombro da sovrapposizioni successive e per questa
ragione rappresenta un bacino archeologico di primaria importanza anche per lo studio delle relazioni con Cartagine,
specialmente nei secoli VI-II a.C.
Anche il secondo tema della ricerca, incentrato sulla studio della topografia urbana moziese, condotto nelle Zone F, D e,
dal 2008, anche nella Zona B alle pendici sud-orientali dell'acropoli, oltre a far conoscere lo sviluppo dell'antica
città insulare, offre un unico esempio di contaminazione tra elementi della tradizione fenicia e punica ed elementi
elimi, sicelioti e magno-greci.
La costruzione delle mura di Mozia, dopo due secoli di vita della città e rappresenta, un impegno costruttivo notevole
che determina un nuovo assetto urbanistico generale. Lo studio del loro sviluppo in connessione con le trasformazioni
dell'abitato, dell'acropoli e delle maggiori aree a funzione pubblica (Tofet, "Cappiddazzu", Kothon) è uno degli
obiettivi scientifici della Missione, che travalica i confini della stessa Mozia, fornendo dati importanti per
l'interpretazione dell'urbanistica e delle strutture difensive in tutto il Mediterraneo centrale nei secoli VI-II a.C. Ad
esempio, le scoperte nella Fortezza occidentale hanno fornito nuovi dati circa le ultime fasi di vita della città, con
una serie di distruzioni violente occorse tra la fine del V e il IV secolo a.C., rendendo più articolato un quadro
storico spesso appiattito su una sola fonte molto nota, la descrizione di Diodoro Siculo della distruzione della città da
parte di Dionigi di Siracusa nel 397 a.C. Allo stesso modo e nella stessa Area F, la scoperta del Sacello di Astarte ha
aggiunto un nuovo importante tassello per la comprensione dei culti praticati a Mozia, anche dopo l'assoggettamento
cartaginese.
Infine, le ricerche al Kothon, che hanno portato alla eccezionale scoperta del tempio con quattro fasi di utilizzo
collegato ad una sorgente di acqua dolce e all'invaso nonché del grande Temenos circolare di 118 m di diametro (2008),
inseriscono i nuovi scavi di Mozia da un lato nel vasto ambito degli studi sull'architettura sacra e sulle tradizioni
religiose fenicio-puniche e, viste anche le particolari caratteristiche del santuario, offrono un'occasione unica per
approfondire gli aspetti più propriamente semitici del culto moziese (fondamentali e differenziati appaiono i rapporti
con i centri di Kition, Biblo e Ekron), dall'altro nel campo di ricerca sulle strutture piscine sacre, prima tra tutte
quella, molto simile al Kothon, del Tempio di Amrit in Siria settentrionale.
Nel complesso quindi le nuove scoperte a Mozia offrono un contributo senz'altro importante alla ricerca archeologica nel
Mediterraneo con una notevole potenzialità di contatti e implicazioni scientifiche in ambito nazionale ed internazionale.
Esse inoltre vedono coinvolti numerosi diversi settori di eccellenza della Sapienza, dal Dipartimento INFOCOM (indagini
geomagnetiche) a quello di Medicina Sperimentale (analisi DNA), in tal modo rappresentando come questa Università possa
offrire straordinarie possibilità interdisciplinari alla ricerca sul campo.
Gli esiti della ricerca a Mozia sono messi a disposizione del pubblico e degli studiosi, sia attraverso la pubblicazione
sistematica degli scavi e delle indagini collegate nella serie Mozia (Quaderni di Archeologia Fenicio-Punica), sia
attraverso il sito internet (www.lasapienzamozia.it), sia per mezzo della Giornata di Studi Moziesi dedicata ad "Antonia
Ciasca", che ha luogo ogni anno l'ultimo venerdì di febbraio, nella quale vengono presentati i risultati delle campagne
di scavo e restauro.