Gli scavi condotti dalla Missione archeologica dell'Università di Roma «La Sapienza» in prossimità della banchina orientale del bacino artificiale detto Kothon a partire dal 2002 hanno portato alla scoperta di un grande tempio eretto alla metà dell'VIII secolo a.C. e rimasto in uso con diversi rifacimenti durante l'intera vita della città di Mozia sino alla fine del IV secolo a.C.
Il Tempio del Kothon era dedicato al dio fenicio Baal ‘Addir, il signore potente, dai Greci identificato con Poseidone, dio del mare in tempesta ma anche delle acque sotterranee che presso il bacino del Kothon sgorgavano copiosamente.
Nell’area del tempio erano, infatti, tre sorgenti, alimentate dalla falda freatica, dalla quale l'acqua dolce contenuta negli strati di marna argillosa fuoriusciva dando vita ad un piccolo ma rigoglioso stagno in riva al mare. Fu proprio la presenza dell’acqua a spingere i Fenici a fondare il tempio. L'edificio sacro era caratterizzato da una planimetria di tipo orientale, con confronti a Biblo, a Cipro e in Palestina nel centro filisteo di Ekron. Al centro erano le maggiori installazioni cultuali costituite dal pozzo sacro, un obelisco, altre due stele/betilo collegate con piattaforme, altari, fori per libagioni. L'ingresso principale era rivolto a sud ed era inquadrato due lesene sormontate da capitelli proto-eolici. La cella maggiore si trovava invece sul lato nord e terminava con un adyton nel quale era il mundus, un orifizio per libagioni che simbolicamente metteva in comunicazione con il mondo infero. Il tempio era collegato da un canale con la piscina sacra del Kothon ed entrambi erano alimentati dalle sorgenti di acqua dolce racchiuse nel Temenos Circolare.
Gli scavi hanno consentito di distinguere quattro edifici successivi sovrapposti che illustrano le principali fasi di vita di Mozia:
Tempio C5 - Fasi 8-7, c. 750-550 a.C.
Tempio C1 - Fase 5, c. 550-470 a.C.
Tempio C2 - Fase 4, c. 470-397/6 a.C. (distruzione di Dionigi tiranno di Siracusa) (l’edificio attualmente visibile)
Santuario C3 - Fase 3, c. 397/6-300 a.C.
Tra i rinvenimenti principali sono, oltre a numerose offerte votive costituite da metalli, ceramica e resti animali, sono un aryballos laconico con l'iscrizione greca “sacro al dio Baal”, un cratere attico figure rosse e l'elemento in bronzo di uno strumento per la misurazione astronomica e la navigazione.
The excavations carried out, since 2002, by the Rome «La Sapienza» Expedition near the eastern quay of the artificial basin known as Kothon led to the discovery of a large temple built around the mid-8th century BC and in use until the 4th century BC.
The Temple of the Kothon was dedicated to the Phoenician god Baal „Addir, the powerful Lord, which the Greeks identified with Poseidon, god of the stormy sea and of the groundwater flowing abundantly into the Kothon basin.
In the sacred area, in fact, there were three springs fed by the phreatic aquifer, forming a small, but lush pond on the seashore. The sacred building was characterized by a plan deriving from a Levantine tradition, with comparisons at Byblos, in Cyprus and Palestine (i.e. in the Philistine Ekron). In the middle, there were the main cultic installations, including the sacred well, an obelisk, two other steles/betyls connected to platforms, altars and libation holes. The main entrance was facing south and was framed by two semi-columns surmounted by Proto-Aeolic capitals. On the north side were the main cella and the adyton, where the mundus, a libation hole symbolically leading to the netherworld, was located. The temple was connected through a channel to the sacred pool of the Kothon and both were fed by freshwater springs enclosed in the Circular Temenos.
Thanks to the excavations, four successive superimposed buildings illustrating the main stages of the life of Motya have been distinguished:
Temple C5 - Phases 8-7, ca. 750-550 BC
Temple C1 - Phase 5, ca. 550-470 BC
Temple C2 - Phase 4, ca. 470-397/6 BC (the building, destroyed by Dionysius, Tyrant of Syracuse, which is currently visible)
Sanctuary C3 - Phase 3, ca. 397/6-300 BC
Among the main findings, there are – along with numerous votive offerings such as metals, ceramics and animal remains – a Laconic aryballos with the Greek inscription “sacred to the god Baal”, an Attic Red-Figure crater and the bronze element of a tool for astronomical measurement and navigation.
Sulla sponda orientale del bacino artificiale detto Kothon è stata portata alla luce un'ampia area sacra, comprendente
un tempio e una serie di strutture accessorie, sviluppatasi dall'VIII sec. a.C. in poi. Sono state riconosciute quattro
fabbriche architettoniche sovrapposte in ordine cronologico: l'Edificio C5 della fase 7, probabilmente il primo tempio
eretto in questo settore dell'isola nell'VIII sec. a.C. e rimasto in uso fino al VI sec. a.C.; il Tempio C1 della fase
5, fondato alla metà del VI e in uso fino agli inizi del V sec. a.C.; il Tempio C2 della fase 4, in uso nel V sec. a.C.
e distrutto nel 397 a.C. dai Siracusani; infine il Santuario C3 della fase 3, un'area di culto a cielo aperto
ricostruita sulle rovine del tempio precedente ed utilizzata per tutto il IV sec. a.C.
Tempio C5 (VIII-VII sec. a.C.)
Il primo edificio di culto è stato finora individuato solo in una serie di sondaggi e laddove le strutture delle
fabbriche precedenti erano distrutte o in cattivo stato di conservazione, come nella navata occidentale del Tempio C1.
Il materiale ceramico rinvenuto al suo interno comprende una brocchetta askoide nuragica, che risale alla prima metà
dell'VIII sec. a.C., frammenti in Red Slip di cronologia coeva, e – dagli strati superiori – alcuni frammenti di
kotylai protocorinzie. La pianta del Tempio C5 è simile a quella delle fabbriche successive, come suggerito dal muro
settentrionale visibile sotto quello del Tempio C1 e dal muro M.5, con due navate laterali giustapposte ad un nucleo
centrale quadrangolare tripartito in senso est/ovest, seguendo il modulo planimetrico del cosiddetto "Four Room
Building", tipologia classica nel Levante durante il Ferro II. Nel settore nord-orientale dell'edificio è stato
individuato un altare rettangolare davanti ad una piccola stele e un eschara con all'interno resti di offerte combuste,
adiacente al quale era una imboccatura imbutiforme o mundus, dove venivano versate offerte liquide. Si trattava di uno
dei luoghi del Tempio nel quale era consentita una relazione con il mondo sotterraneo. Nella navata sud-orientale è
stata messa in luce una porzione di lastricato con piccoli fori contenenti resti di carboni e ceneri, forse connessi
con altre pratiche cultuali. Alla metà del VI sec. a.C. il Tempio 5, come molti altri edifici di Mozia, venne
completamente distrutto (Fase 6). Arredi e materiale cultuale provenienti dallo stesso vennero deposti – 2 m circa a
nord del muro settentrionale – in una favissa larga 5 m. Il riempimento della favissa F.1680 ha restituito kotylai
protocorinzie, diverse coppe ioniche, alcuni contenenti offerte (ossa animali e vaghi di bronzo), frammenti di stele
non decorate, ed un frammento di un dinos a figure nere.
L'area sacra del Kothon e la ricostruzione della metà del VI sec. a.C.
Dopo la distruzione alla metà del VI sec. a.C., le rovine del Tempio C5 furono livellate con uno strato di cenere
spesso 0,3 m (Fase 6) e l'intera area venne ricostruita secondo un progetto complessivo che includeva un nuovo tempio
(Tempio C1), una piscina sacra rettangolare (denominata "Kothon" nella letteratura archeologica) che raccoglieva
l'acqua affiorante della falda e un secondo edificio religioso (Sacello C4) a nord del precedente. Un Temenos circolare
circondava l'intera area terminando, ad est, su entrambi i lati del Tempio C1. Il progetto era basato sul rettangolo
ottenuto proiettando la diagonale del quadrato costruito sul lato breve del rettangolo stesso. Una banchina e un
condotto sotterraneo, sul lato orientale del bacino, mettevano le due strutture in relazione. La piscina rettangolare
era in parte scavata nella roccia e nel paleosuolo marnoso dell'isola, e i suoi lati erano delimitati da due a cinque
corsi di blocchi ashlar di calcarenite. Misura 36,75 x 51,97 m pari a 70 x 99 cubiti (1 cubito = 0,525 m). La diagonale
principale era allineata sull'asse nord-sud e pressappoco al centro del lato nord-orientale della piscina una serie di
blocchi aggettavano sul bacino. Questa disposizione architettonica non può essere spiegata come un attracco, mentre
mostra interessanti paralleli con la piattaforma aggettante della piscina sacra di Amrit nella Siria settentrionale, un
complesso religioso pressappoco coevo (seconda metà del VI sec. a.C.) e molto simile a quello di Mozia.
Tempio C1 (seconda metà del VI – primi decenni del V sec. a.C.)
Il Tempio del Kothon venne ricostruito secondo una pianta nuovamente aderente al modulo del "Four Room Building", con
il lato lungo orientato pressappoco in senso est-ovest (110°-200°), in una forma monumentale. Il settore centrale
include tre unità parallele, fiancheggiate su entrambi i lati da una navata trasversale. L'ingresso principale,
posizionato sul lato meridionale dell'edificio, con una soglia larga 2,8 m, era incorniciato da una coppia di pilastri
sormontati da capitelli eolici, con una gola egizia poggiata sopra l'architrave e coronata da una cornice a doppia
modanatura. Su entrambi i lati dell'ingresso erano due pilastrini, addossati internamente alle ante, privi di qualsiasi
funzione strutturale, e che devono essere considerati una rielaborazione punica di un classico apprestamento dei templi
prima cananei e poi fenici. Il vestibolo introduceva in una corte rettangolare, dove erano disposte una serie di
installazioni cultuali: un pozzo sacro, con una vera quadrata (con gli angoli orientati secondo i punti cardinali), un
obelisco, eretto dietro il pozzo, e due stele, tutti e tre allineati lungo l'asse mediano della corte. Tutti i
monumenti erano connessi con o incorporavano fori per libagioni. Dai fori posti ai piedi dell'obelisco una canaletta
correva sotto la pavimentazione emergendo sulla banchina in direzione del Kothon. Due serie di pilastri separavano la
corte centrale da due ambienti del culto. In quello settentrionale (la cella), una piattaforma nella parte orientale
sostituiva l'altare del Tempio C5. Due navate trasversali completavano l'edificio sacro. Quella occidentale aveva una
pavimentazione lastricata e si apriva verso la banchina del Kothon, mentre quella orientale, aveva tre stele allineate
lungo l'asse nord-sud e si apriva ad est mediante due porte simmetriche.
Il Temenos circolare (seconda metà del VI sec. - primi decenni del V sec. a.C.)
Il Temenos circolare venne costruito insieme al Kothon e al Tempio C1 alla metà del VI sec. a.C. Aveva un diametro di
118 m, ed è stato messo in luce quasi interamente, con l'eccezione del tratto sud-occidentale della circonferenza. Gli
scavi nella Zona C sud e C nord hanno dimostrato che i resti visibili del Temenos circolare includono almeno due fasi
architettoniche sovrapposte. La più antica struttura (M.2703) era realizzata con pietre di calcarenite di piccola e
media pezzatura e piedritti di arenaria disposti ad intervalli pressappoco regolari. Il Temenos circolare era largo
0,7-0,8 m circa, raggiungendo uno spessore di 1,4 m in corrispondenza dei segmenti prossimi ai lati nord e sud del
tempio. Questa parte della struttura era anche quella realizzata con la tecnica più accurata, con blocchi di grandi
dimensioni nei filari inferiori del lato esterno e blocchi di arenaria e piedritti ad intervalli regolari. Nell'area a
nord del Tempio C1, il Temenos aveva un'apertura larga 5 m, dovuta alla presenza di un edificio sacro, il Sacello C4,
con una nicchia centrale e due ante (questo edificio probabilmente era la ricostruzione di una struttura precedente –
il Sacello C6 – contemporaneo e allineato con il Tempio C5). Nell'area ad ovest del Kothon, il Temenos piegava
decisamente in direzione della piscina, probabilmente per la presenza di un altro ingresso al recinto sacro.
Il Tempio C2 (480-397 a.C.) ed il Temenos circolare
Nella fase successiva il Tempio C2 venne ricostruito subendo importanti modifiche. Le due navate aperte verso la corte
vennero chiuse e quella settentrionale fu riconfigurata come una vera e propria cella con un adyton rialzato; i due
orifizi per libagioni furono così obliterati. Diversamente sul lato meridionale della corte venne delimitata una
seconda cella, dotata – nel pavimento – di un apprestamento atto a versare, con l'aiuto di un collo di anfora, liquidi
nel sottosuolo. La navata occidentale venne ripavimentata e all'estremità settentrionale fu realizzato un ulteriore
apprestamento cultuale composto da un basso podio fronteggiato da una serie di fondi di brocca inseriti nella nuova
pavimentazione, atti a versare profumi. Anche la navata orientale subì una generale ripavimentazione e lo spostamento
di alcuni apprestamenti come il palo fissato di fronte alla stele settentrionale. Gli interventi più significativi
interessarono la corte centrale, che venne separata più nettamente dalle due celle, settentrionale e meridionale, ma
rimase il fulcro della pratica religiosa nell'edificio, come indica la risistemazione delle diverse installazioni tutte
organizzate lungo l'asse mediano maggiore del tempio sulla direttrice dei 110°. Da ovest ad est, ossia dal lato più
prossimo al Kothon verso quello che sembra essere il lato di fondo dello spazio aperto (analogamente a quando
riscontrato nell'adiacente cella principale), si succedevano: il pozzo sacro, con l'imboccatura aperta alla quota
pavimentale, costituita da grandi lastre di calcare; una piccola piattaforma con addossato un betilo-obelisco
(rinvenuto spezzato e deposto in una grande favissa di blocchi scavata subito a ridosso del muro settentrionale del
tempio stesso), con due incavi scavati sulla faccia ovest della parte inferiore e uno, più in alto, sulla faccia est;
una seconda piattaforma quadrata costruita in modo da essere allineata all'obelisco e da includere un orifizio per
libagioni sul lato nord e, nell'angolo sud-orientale, la stele-betilo a sezione quadrangolare già in uso dalla fase
precedente; un podio addossato al muro est della corte, con a lato un settore rialzato della pavimentazione, forse
l'alloggiamento per un tronetto o un seggio. Il betilo-obelisco e il sottostante pozzo sacro erano collegati, a livello
sottopavimentale, da un condotto che si dipartiva dal piede occidentale dell'obelisco (con i due incavi affiancati) e,
traversando la navata occidentale del tempio, si dirigeva verso la banchina del Kothon, riemergendo in superficie in
forma di canale scavato in blocchi calcarenitici. Altri blocchi probabilmente appartenuti al canale erano stati già
individuati nel tratto più occidentale della banchina, ampiamente depredato in antico.
Santuario C3 (IV sec. a.C.)
Con la violenta distruzione seguita all'assedio siracusano del 397/6 a.C., il Tempio del Kothon fu ridotto ad un cumulo
di rovine e le installazioni e gli arredi sacri al suo interno vennero in gran parte dispersi. Tuttavia, dopo un breve
intervallo, la città fu rioccupata e l'area del tempio venne accuratamente ripulita; i resti dell'edificio vennero
smontati con religiosa cura e, quando possibile, riutilizzati per realizzare un'area di culto a cielo aperto,
denominata Santuario C3. Una serie di elementi più significativi, come l'obelisco che sorgeva al centro della corte del
tempio precedente di fronte al pozzo sacro, un altro betilo eretto nella navata orientale e alcune lastre connesse con
le installazioni di culto furono sepolti in una grande favissa (F.864) costituita da una fossa semicircolare di circa
4 m di diametro, nella quale betili/obelischi, basi e piedritti divelti dal tempio furono disposti a semicerchio in
file sovrapposte digradanti, con al centro la base e la cuspide dell'obelisco spezzato. La favissa fu allineata con
l'ingresso principale del tempio precedente, la cui soglia (L.1) fu conservata a vista, evidentemente come memoria
della continuità del luogo di culto. Il Santuario C3 fu delimitato attraverso l'erezione di un temenos, costituito in
parte da un muretto in pietra (a sud), in parte dall'allineamento di una serie di lastre e blocchi appartenuti alle
fondazioni del Tempio del Kothon (a ovest), in parte dall'accumulo di altri materiali di risulta inglobati in una
costruzione in pani d'argilla (a nord-est). Una serie di depositi era associata ad alcuni tratti del muretto del
temenos, specie lungo il perimetro orientale del santuario. All'interno dell'area sacra a cielo aperto furono erette
diverse installazioni destinate al culto mantenendo parzialmente la suddivisione spaziale delle precedenti navate del
Tempio C2. Lo spazio sacro fu, inoltre, disseminato di depositi votivi, distinguibili in due categorie: depositi
effettuati contestualmente alla erezione delle installazioni di culto (altari, piattaforme, bothroi e muretti divisori)
e depositi risultanti dall'effettuazione di libagioni o offerte nelle suddette installazioni, concentrati all'interno
di un campo deposizionale circoscritto all'area della cella e dell'adyton del tempio precedente.
La piscina sacra detta "KOTHON" / The sacred pool called "KOTHON"
Gli scavi / The excavations
L’esplorazione dell’invaso artificiale detto “Kothon” iniziò nella seconda metà dell’Ottocento, dopo che si era interrotto l’utilizzo secondario della vasca come salina, in atto dal secolo XII. I primi scavi sistematici furono condotti da Giuseppe Whitaker nel 1906-1907, il quale esplorò parte dell’imboccatura, liberandone le banchine e giungendo alla conclusione che il bacino fosse un porto analogo ad altri porti punici delle città costiere del nord Africa. Le indagini furono riprese dalla missione britannica diretta da Benedikt S.J. Isserlin e da Joan du Plat Taylor negli anni 1968-1970, riconoscendo diverse fasi costruttive del bacino e attribuendo alla fase finale di vita della città la chiusura del canale a mezzo di un muro; lungo le banchine della vasca furono scavate tre trincee trasversali, giungendo alla conclusione che attorno al Kothon vi fosse una fascia di rispetto larga 13 m. L’indagine circa la struttura architettonica, la funzione e la cronologia del bacino artificiale è ripresa nell’anno 2002 con l’iniziativa della Missione congiunta dell'Università di Roma «La Sapienza» e della Soprintendenza di Trapani, esplorando i settori prospicienti le banchine e le installazioni collegate all’imboccatura visibili nella laguna nel settore compreso tra la stessa e la Porta Sud. In particolare durante la XXV (2005) campagna gli scavi hanno consentito la riconsiderazione e la ricostruzione delle strutture e delle installazioni idrauliche collegate con la piscina.
The investigation of the artificial basin called “Kothon” began in the second half of the 19th century, after the pool’s secondary use as a salt work (starting from the 12th century) was halted. The first systematic excavations, led in 1906-1907 by Joseph Whitaker, explored part of the opening, uncovering the docks and arguing for the basin as a harbour similar to others in the Punic coastal cities of North Africa. The investigations were resumed by the British mission headed by Benedikt S.J. Isserlin and Joan du Plat Taylor during the years 1968-1970, recognizing different building phases of the basin and attributing the closure of the channel by a wall to the final stage of the city. Three trenches transversal to the quays of the basin were excavated, suggesting the existence of a 13 meter buffer zone around the Kothon. The investigation of the architectural structure, the function and chronology of the artificial basin has been jointly carried out by the University of Rome «La Sapienza» and the Superintendence of Trapani since 2002. The sectors close to the quays and the installations connected to the opening and recognizable in the lagoon between it and the South Gate were investigated. In particular, during the XXV excavation campaign (2005), the re-examination and reconstruction of the structures and the hydraulic installations connected to the pool were undertaken.
Il Kothon / The Kothon
Il Kothon è situato esattamente al centro del Temenos Circolare, il grande recinto sacro che occupava il quadrante sud-occidentale di Mozia. Il bacino (52,5 x 35,7 m) è stato costruito basandosi su un rapporto tra i lati, nel quale la lunghezza maggiore è stata ottenuta come una proiezione della diagonale del quadrato costruito sul lato minore; la sua profondità massima è 2,5 m, ma essa varia dal centro verso i lati ed è in leggera pendenza da nord-est verso sud-ovest, seguendo l’andamento del banco roccioso in cui è tagliato il fondo della vasca. Le banchine sono costituite da muri in blocchi di calcarenite spessi 1 cubito, regolarmente sbozzati e lavorati sulla facciavista. La piscina serviva a raccogliere le acque dolci che fuoriuscivano dalle sorgenti localizzate a nord e a est, che venivano convogliate nella vasca attraverso un canale sulla banchina orientale e l’apprestamento a blocchi aggettanti sul alto settentrionale dello stesso Kothon. Al centro del lato settentrionale si distingue una banchina aggettante larga 7,8 m. Sul lato meridionale, originariamente chiuso, si apre il canale di comunicazione con la laguna lungo 23,5 m, il cui tratto in corrispondenza delle mura è accuratamente foderato di blocchi anche nel fondo, che presenta un apposito incavo centrale a sezione semicircolare per facilitare lo scivolamento delle imbarcazioni, quando esso era utilizzato come bacino di carenaggio in una fase successiva alla distruzione dionigiana del 397/6 a.C.; le banchine che fiancheggiano il canale sono realizzate in blocchi squadrati e presentano degli incavi possibilmente relativi ad una chiusa o ad un ponte girevole. Il bacino del Kothon tramite alcune installazioni e apprestamenti cultuali era connesso al limitrofo Tempio: nella corte centrale del Tempio sono stati esposti un pozzo sacro con imboccatura quadrata, un obelisco eretto ad est del pozzo e due stele. Ai piedi dell’obelisco vi erano dei fori per libagioni comunicanti con un canale che correva sotto il pavimento del Tempio e riemergeva in corrispondenza della banchina orientale per immettersi nel bacino sacro.
The Kothon is situated in the middle of the Circular Temenos, which is the huge sacred enclosure occupying the south-western sector of Motya. The basin (52.5 x 35.7 m) was built based on a ratio between the sides, in which the greater length was obtained as a projection of the diagonal of the square built on the smaller side; its maximum depth is 2.5 m, but it varies from the centre to the sides and gently slopes from north-east to south-west, following the inclination of the bedrock in which the bottom of the basin was carved. The quays were made of limestone walls composed of one-cubit ashlar blocks, which were regularly rough-hewed and worked on their facades. The pool was used to collect the fresh water flowing from the springs located to the north and east. The water was directed into the basin through a channel on the eastern quay and the protruding blocks on the northern side of the Kothon. In the middle of the northern side, a protruding dock 7.8 m long stands out. On the southern side, originally closed, was a channel 23.5m long and connected to the lagoon. The sector close to the city-walls was carefully lined with blocks also on the bottom, where there was a central recess with a semicircular section in order to facilitate the sliding of the ships. After the destruction brought by Dionysius in 397/6 BC, it was used as a dry dock; the quays flanking the channel were made of ashlar blocks and show the grooves likely related to a closure or a swing bridge. The Kothon basin was connected – through some structures and cultic installations – to the nearby Temple: in the central hall, a sacred well with a square opening, an obelisk erected east of the well and two stelae were collocated. At the base of the obelisk, there were holes for libations communicating with a channel running under the floor of the Temple, re-emerging at the eastern quay and reaching the sacred pool.
L’ingresso settentrionale all’area sacra / The northern entrance to the sacred area
Nella parte nord-orientale del Temenos Circolare è stata individuata un’apertura (L.4330), utilizzata solamente nella seconda fase d’uso del Circolare (c. 470-397/6 a.C.) e chiusa in modo rozzo con un grosso blocco di calcare e diverse pietre inzeppate, al momento dell’attacco dionigiano del 397/6 a.C. Il passaggio, forse la riduzione di un passaggio più ampio, era fiancheggiato da due ante (M.4301 a ovest e M.4341 a est). Proprio di fronte a questo passaggio era una stele in pietra calcarea (M.4325), rinvenuta adagiata a terra a brevissima distanza dall’alloggiamento che le serviva da base (F.4335). La stele era rastremata con una carena superiore in forma ogivale ed era alta 1 m, larga 0,4 con uno spessore massimo di 0,2 m; gli spigoli dei lati lunghi erano assottigliati, ma arrotondati. Il lato piatto anteriore del monumento era rivolto a nord e non presentava lavorazione. Il settore a est e ad ovest del passaggio L.4330 e della stele M.4325 era caratterizzato da una situazione stratigrafica leggermente differente rispetto al resto dell’area. Mentre a est del passaggio la marna argillosa si alternava a uno strato con lenti cinerose ed entrambi erano ricchi di offerte e reperti, in particolare resti faunistici tra i quali spicca un molare umano. Lo spazio ad ovest era contraddistinto da uno strato argilloso grigio-marroncino con resti di un crollo ed era interessato da una concentrazione di diverse offerte e segnacoli che si addensavano in prossimità di una nicchia, B. 4346, realizzata nel punto più settentrionale dell’intera circonferenza. Qui un blocchetto di calcare alabastrino era stato messo in opera arretrato di circa 10 cm rispetto alla faccia del muro, creando una nicchia davanti alla quale erano state deposte diverse offerte, tra le quali si segnala una figurina spezzata con protome di grifone. Un collo di anfora punica destinato a libagioni spezzato a metà era stato collocato davanti alla nicchia a circa 0,7 m dal muro con due ciottoli all’interno. A breve distanza erano una falange di ovino e una barretta di bronzo. Al di sotto del piano di calpestio antistante la nicchia uno strato inferiore era contraddistinto dalla presenza di mattoni sbriciolati e da terreno arancione, evidentemente di risulta dalla risistemazione di questo punto del recinto nella Fase 4 quando venne approntata o ricostruita la nicchia stessa. Complessivamente, nei sondaggi effettuati all’interno e all’esterno del Temenos Circolare, la monumentale struttura spessa tra 0,7 e 1,2 m presenta un alzato conservato in media di 0,7-1,1 m, con l’impiego di una notevole quantità di pietre e blocchi.
In the north-eastern part of the Circular Temenos, an opening (L.4330) was discovered which was used only in the second phase of the Temenos (ca. 470-397/6 BC) and closed roughly with a large limestone block and other stones, at the time of Dionysius’ attack in 397/6 BC. This entrance, perhaps reducing a wider opening, was flanked by two antae (M.4301 west and M.4341 east). Just in front of this opening, a limestone stele (M.4325), lying on the ground very close to the cavity for the base (F.4335), was retrieved. The stele, tapered in the upper part and of an ogival shape, was 1 m high and 0.4 m wide with a maximum thickness of 0.2 m, while the edges of the long sides were thinned, but rounded. The front flat side of the stele, which was uncarved, faced north. In the area east and west of passage L.4330 and of stele M.4325, the stratigraphy was slightly different from the rest of the area. Indeed, to the east of the passage, marl clay was alternated with a soil of ashy lenses. Both were full of offerings and finds, in particular faunal remains, among which a human molar stands out. Whereas, the area to the west, characterized by a grey-brownish clay layer with collapse remains, showed a concentration of several offerings and markers, which were gathered near niche B.4346, located in the northernmost point of the circumference. There, an alabastrine limestone block was collocated about 0.1 m back from the face of the wall, forming a niche in front of which were laid some offerings, among which a broken figurine with a griffin protome stands out. A neck of a Punic amphora – which was broken in half and intended for libations – was placed, with two pebbles inside, in front of the niche at about 0.7 m from the wall. A short distance away, there were a sheep phalanx and a bronze bar. Below the floor surface in front of the niche, a lower layer was characterized by the presence of broken mud-bricks and orange soil, evidently as a consequence of the re-arrangement of this segment of the Temenos in Phase 4, when the niche was prepared or rebuilt. Overall, in the soundings excavated within and outside the Circular Temenos, the monumental structure, between 0.7 and 1.2 m thick, has a preserved elevation on average of 0.7-1.1 m, with the use of a significant amount of stones and blocks.
Bibliografia:
- L. Nigro, P. Vecchio, A.R. Lisella, G. Rocco, "Zona C. Il Kothon", in L. Nigro (a cura di), Mozia - X. Rapporto preliminare della XII campagna di scavi - 2002 condotta congiuntamente con il Servizio Beni Archeologici della Soprintendenza Regionale per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani (Quaderni di Archeologia Fenicio-Punica I), pp. 33-140.
- L. Nigro (a cura di), Mozia - XI. Zona C. Il Tempio del Kothon. Rapporto preliminare delle campagne di scavo XXIII e XXIV (2003-2004), condotta congiuntamente con il Servizio Beni Archeologici della Soprintendenza Regionale per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani (Quaderni di Archeologia Fenicio-Punica II).